Un e-Book non è un libro (almeno a fini IVA)

Con la sentenza 5 marzo 2015, in causa C-502/13 (–>qui), la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha deciso sulla possibilità che uno Stato Membro possa applicare un’aliquota IVA ridotta sugli e-Books, così come può farlo con i libri cartacei. Per gli amanti dello spoiler, vi diciamo subito il finale: il Lussemburgo è stato condannato per aver applicato agli ebook l’IVA ridotta prevista per i libri.

La vicenda processuale è assai semplice. La vigente direttiva IVA (direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2010/88/UE del Consiglio, del 7 dicembre 2010, in GU L 326, pag.1 –>qui) prevede che gli Stati Membri possano debbano adottare un’aliquota IVA base (cosiddetta “normale”) non inferiore al 15% su tutti i beni e i servizi soggetti all’imposta, e possano adottare una o due aliquote ridotte su determinate categorie di essi, tra cui i prodotti editoriali: libri, giornali, riviste. L’art. 98, c. 2, esclude poi categoricamente che le aliquote ridotte possano essere applicate ai “servizi forniti per via elettronica”.

Il regolamento di attuazione della direttiva IVA (all. I al Reg. 282/2011) che elenca, in via di esempio, tali servizi, cita il “contenuto digitalizzato di libri e altre pubblicazioni elettroniche”.

Il Lussemburgo, con legge del 12 febbraio 1979 riguardante l’imposta sul valore aggiunto, regolarmente aggiornata, ha fissato l’aliquota base al 15%, una aliquota ridotta del 6% e una “super ridotta” al 3%. Quest’ultima aliquota si applica a libri e prodotti editoriali cartacei.

Con la circolare n. 756 del 12 dicembre 2011, la Direction de l’Enregistrement et des Domaines (l’amministrazione tributaria granducale) ha esteso il concetto di “libro” per adattarlo al progresso tecnologico: “Dato che la nozione di “libri” non è oggetto di un’interpretazione unanime in seno agli Stati membri dell’[Unione europea], il Governo ha deciso, per ragioni di neutralità, di dover riconoscere un’accezione ampia a questo termine, indicato al punto 5 dell’allegato Β della legge sull’[IVA] …, nel senso che, a parità di funzione, non occorre distinguere tra supporto fisico e supporto digitale”.

In altre parole, l’amministrazione tributaria del granducato ha ritenuto che un libro sia tale a prescindere dal supporto (fisico o meno) su cui è venduto. Per questa ragione ha applicato l’aliquota super ridotta anche agli ebooks.

La Commissione, tuttavia, ha dovuto constatare in questa scelta una violazione del diritto comunitario: un ebook è infatti allo stesso tempo un’opera letteraria e un servizio fornito in via elettronica. Quale dei due aspetti di questo speciale ipertesto deve prevalere ai fini tributari? La risposta di un italiano a questa domanda è prevedibile: quella più cara per il contribuente. In effetti la conclusione della vicenda è questa, ma per ragioni più sottili e, in fin dei conti condivisibili.

In primo luogo, va ricordato che l’IVA è una vera e propria imposta comunitaria. Essa è sì stabilita con legge da ogni Stato membro, ma la direttiva base ne determina i criteri di base e le finalità. “L’IVA è considerata un’imposta europea per varie ragioni, quali: la sua introduzione per finalità comunitarie, la costante disciplina europea di cui è destinataria, il ruolo della Corte di giustizia per l’interpretazione delle questioni che attengono alla normativa IVA, la destinazione di una parte del gettito a scopi comunitari” (così la Treccani voce “IVA”). E’ quindi essenziale che i criteri che sottostanno all’applicazione dell’imposta (v. Vincenzo Visco, IVA, in Dizionario di Economia e Finanza (2012)–>qui) siano applicati in modo uniforme -ancorché evolutivo, nel tempo. Tali criteri sono fissati in modo da consentire una ragionevole uniformità della base imponibile attraverso i vari territori dell’Unione, e ricalcano i criteri definitori generali del diritto comunitario. Una definizione cardine è la distinzione tra “beni” e “servizi”, che è ripresa anche dagli artt. 14 e 24 della direttiva IVA:”costituisce “cessione di beni” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario” e “si considera “prestazione di servizi” ogni operazione che non costituisce una cessione di beni”.

Quindi, è il ragionamento della Corte, poiché l’applicazione di una aliquota ridotta su un dato bene costituisce un’eccezione al regime normale, e come tale va trattata, dunque adottando per essa una interpretazione restrittiva, occorrerà decidere se un “libro” fornito per via elettronica, sia più un “bene elettronico” (che può godere dell’aliquota ridotta) o un “servizio elettronico” (che non può goderne).

Secondo la definizione della direttiva, un bene è tale quando è materiale e chi lo detiene può disporne come proprietario. Sostiene il Lussemburgo, ed il Belgio con questi, che in effetti un ebook è “materiale” in quanto può essere letto solo su un computer o un tablet, che ne fornisce, appunto, il supporto materiale. La Corte, però, non lo segue su questa strada. “Se è vero che il libro elettronico necessita, ai fini della sua lettura, di un supporto fisico, quale un computer, un simile supporto non è tuttavia incluso nella fornitura di libri elettronici” (punto 36).

L’ebook, quindi, è qualcosa di diverso dal suo supporto, mentre, evidentemente, il libro è tutt’uno con la propria carta (come dice Umberto Eco, La bustina di Minerva, Milano, Bompiani, 2000, in Libri e Biblioteche – Pagine scelte e presentate da Luciano Canfora, Palermo, Sellerio 2002 –> qui un estratto, cortesia libriantichionline.com).

Il Granducato tenta quindi di argomentare che, in effetti, un ebook resta un libro, a patto che sia fornito su supporto fisico. Secondo il punto 6 dell’allegato III della direttiva IVA, nella versione in vigore, sono libri i tutti i libri “inclusi quelli in locazione nelle biblioteche (compresi gli stampati, i fogli illustrativi ed il materiale stampato analogo, gli album, gli album da disegno o da colorare per bambini, la musica stampata o manoscritta, le mappe e le carte idrografiche o altri tipi di carte), giornali e periodici, escluso il materiale interamente od essenzialmente destinato alla pubblicità”; Durante i lavori preparatori era stato aggiunto l’inciso “nonché audiolibri, CD, CD-ROM o qualunque supporto fisico analogo che riproduca essenzialmente le stesse informazioni contenute nei libri“. Quindi, argomento il Lussemburgo, anche i libri digitalizzati. La Corte non concorda, con un argomento “evolutivo”: “non esistono più libri digitali materialmente ceduti ai clienti” (punto 54).  In effetti, è difficile dare torto ai giudici su questo punto: per essere proprio sinceri, a nessuno in quest’anno domini 2015 verrebbe in mente di dire che un file .pdf/a scaricato su un CD-ROM sia un e-book. Perfino la definizione di Wikipedia non associa i due concetti (–>qui) “Un ebook (scritto anche e-book o eBook), in italiano libro elettronico, è un libro in formato digitale a cui si può avere accesso mediante computer e dispositivi mobili, come smartphone, tablet PC e dispositivi appositamente ideati per la lettura di testi lunghi in digitale, detti eReader (ebook reader)”.

In definitiva, la Corte di Giustizia ha ritenuto che, almeno ai fini IVA, un ebook, dato che è privo di supporto materiale, non sia altro che un servizio fornito in via elettronica. Qualcosa che Negroponte spiegava già vent’anni fa (Negroponte “Being Digital”, 1995). Di certo, però, lui non immaginava che l’effetto sarebbe stato… tasse più alte sui bit, che non sugli atomi.